18 aprile 2012

Le comunità albanesi e la carrese

Il Molise, regione dalla lunga tradizione agricola, conserva ancora profondamente radicate celebrazioni e manifestazioni che traggono le loro origini, talune molto remote, nel mondo contadino e nei cicli lavorativi senza dimenticare l’influenza delle numerose comunità albanesi; non di rado, e nelle manifestazioni più imponenti, protagonisti di tali celebrazioni sono il carro agricolo e gli animali il cui ruolo nel mondo agricolo è essenziale: buoi e cavalli.
ITINERARIO- Chieuti, Serracapriola, Campomarino, Portocannone, S. Martino in Pensilis, Ururi, Larino, Guglionesi, Montecilfone, Palata, Castelmauro, Civitacampomarano, Lucito, Petrella Trifernina, S. Maria della Strada, Matrice, San Giovanni in Galdo, Jelsi.
LUNGHEZZA- KM 203
Tra la fine di aprile e gli inizi di maggio come ormai è tradizione plurisecolare, nella parte meridionale del Molise, si svolgono le carresi, corse dei carri trainati dai buoi. Diversi sono i riferimenti storici da cui se ne fa discendere l’origine, ma forse non moltissimi sanno che esiste una leggenda che associa la corsa alla venuta delle  popolazioni dall’Albania. Secondo questa versione, gli albanesi appena raggiunta le sponde opposte dell’Adriatico, non sapevano dove andare né quale direzione seguire. Decisero così di affidare la scelta ai buoi che trainavano i carri sopra i quali avevano messo poche cose in fretta ed in furia, prima che gli Ottomani arrivassero. Dove i buoi si sarebbero fermati, proprio lì sarebbero sorte le città in cui le popolazioni avrebbero ricominciato a vivere. A questo punto come spesso succede, leggenda e storia si intrecciano fino ad arrivare ai giorni nostri. Seduto comodamente a  tavola nel ristorante “da Nicolino” in quel di Termoli ne sto parlando con amici di vecchia data. Il mio interlocutore principale è Tonino, sanmartinese puro sangue dei “giovanotti”. Naturalmente la sua versione è alquanto diversa.
 “ Gli albanesi non c’entrano niente. La storia dice (quindi passiamo a versioni più autorevoli e motivate) che un gruppo di nobili durante una battuta di caccia scoprì in modo del tutto casuale e fortuito, le spoglie di San Leo. Avevano lasciato i cavalli ed trovandoli al loro ritorno stranamente inginocchiati. Al che spostarono una grande pietra rinvenendo le spoglie del santo. Decisero così di trasportare la salma con un carro trainato dai buoi che dopo vari pellegrinaggi nei vari paesi della zona, cedettero allo sforzo proprio a San Martino che ancora oggi ospita i resti del beato.”
La mia curiosità è ormai allertata e dopo un’altra serie di incontri a San Martino decido di preparare questo articolo e pianificare un itinerario che tocchi tutte le comunità sotto l’influenza albanese e che ospitano feste popolari che riconducono alle storie sopra citate.
Tra queste manifestazioni di antica tradizione, le cui modalità variano da luogo a luogo, ma che si conservano compatte nelle motivazioni, nelle finalità e nei tempi (fine di aprile-luglio, con folta concentrazione tra aprile e maggio), risaltano per importanza e per profondo coinvolgimento delle comunità le corse dei carri di S. Martino in Pensilis, Ururi e Portocannone, della pugliese Chieuti; a queste sono da aggiungere le sfilate dei carri, un tempo numerosissime, di Larino, Jelsi, Montecilfone, Lupara. L’itinerario scelto toccherà tutte le località sopraelencate offrendo la possibilità di godere un percorso affascinante per bellezza dei panorami ma soprattutto l’opportunità di conoscere ed apprezzare le tradizioni popolari di questa zona etnicamente assai distinta dalle altre realtà del nostro paese. Per le strade purtroppo stendiamo un velo triste e pietoso: l’ultimo inverno, alquanto inclemente, le ha messe a dura prova e nell’ultima ricognizione avvenuta qualche giorno fa erano, nella maggior parte dei casi, davvero una schifezza. Pazienza! Il giro avrà inizio da Chieuti che nonostante sia in Puglia, divide con gli altri centri molisani origini albanesi e tradizioni assai simili. Prima di essere popolata dagli esuli d’oltre Adriatico nel XV secolo, era sorta presso le rovine di un antico centro della Daunia che si vuole identificare in Cliternia. Una volta visitata la parrocchiale di San Giorgio, seguiremo la Costa di Roncio, una dorsale che ci condurrà in Molise attraversando la valle del Bisento. Cominciano i patemi stradali: scendendo da Serracapriola la strada è assai dissestata ma a Cliternia nuova, la strada è interrotta ed una deviazione vi porterà sulla ss16. Da San Tommaso della viabilità ho scoperto che effettivamente un piccolo ponte è crollato, a testimonianza che anche un piccolo torrentello può combinare disastri e, volendo potete percorrere la stradina di campagna che parte sulla dx 500m prima dell’interruzione: arriverete direttamente a Campomarino lido. 
Qui se non vogliamo approfittare della tentazione rappresentata dalle spiagge e dai ristoranti di Termoli, piegheremo a sx verso l’interno. Probabilmente questo è anche il tratto d’asfalto migliore insieme agli ultimi 20km di tutto il percorso. Portocannone, situato a pochi chilometri dalla costa, è uno dei quattro comuni molisani (Campomarino, Montecilfone ed Ururi) in cui, nella seconda metà del XV secolo, furono inviati i coloni albanesi.
Di tale popolo il centro molisano conserva cultura, tradizioni e linguaggio. Da visitare la chiesa dei S. S. Pietro e Paolo, in cui si trova una tela raffigurante Santa Maria di Costantinopoli. A S. Martino in Pensilis, altro centro di origine albanese sono interessanti da visitare il Palazzo rinascimentale dominante la piazza del paese e la chiesa di S. Pietro Apostolo.
Si continua verso l’interno ed in pochi km la strada, sempre sopraelevata sulle pianure circostanti conduce a Ururi (vedi box). Il paese fu originato da un monastero benedettino.
Se decidete di assistere ad una delle Carresi  la vostra scelta dovrà cadere su uno di questi centri. Io per conoscenza personale, amicizie di vecchia data ho assistito e con grande divertimento a quelle di San Martino e Portocannone. Mentre riflettete continuiamo verso Larino, dato che la strada da percorrere è ancora lunga. Edificata sul bordo meridionale della valle del Biferno ha una storia assai antica che risale alla seconda guerra punica con notevoli  resti della sua area archeologica, primo fra tutti l’anfiteatro, ottimamente conservato. Una volta visitato il centro storico seguire le indicazioni per fondovalle Biferno, un specie di trampolino che si tuffa con una vista mozzafiato sul lago artificiale di Guardalfiera ben visibile sulla sx e le campagne circostanti. Naturalmente attenzione alle buche ed ai profondi avvallamenti, nella speranza che voi siate più fortunati del sottoscritto. Una volta atterrati in pianura seguire le indicazioni per Guglionesi. Se potete voltatevi perché la vista è davvero notevole: campi sterminati a perdita d’occhio! Arrivati sulla ss 483, piegate a sx per Palata. La strada corre alta anche se la vista è meno avvolgente. Transiteremo da  Montecilfone, proprio all’entrata del paese, un cartello in una strana, incomprensibile, lingua ci accoglie. Il piccolo centro di qualche migliaio di anime, fu anch’esso nfondato nel 1461, al pari di Ururi, Portocannone e Campomarino, da albanesi seguaci del principe Giorgio Castriota Skanderberg, ed ancora oggi vi si parla la lingua d’origine, un albanese arcaico. Dopo Palata cambiamo statale, ci tocca in sorte la 151 anche se le qualità del manto stradale cambiano veramente di poco. La strada corre sullo spartiacque tra la valle del Trigno e quella del Biferno e tocca prima Castelmauro, paese di origini medioevali e poi, sempre correndo in cresta Civitacampomarano, che conserva all’interno del suo bellissimo centro storico un castello del ‘300 , con 2 torri cilindriche. Per Lucito mancano meno di 8km e ci sarebbero la bellezza di 2 strade ma, la prima, è ormai chiusa perché definitivamente crollata sotto l’incessante lavoro di smottamenti e frane, mentre la seconda si tuffa letteralmente seguendo la distanza più breve verso la Valle Grande per poi risalire in uno stato alquanto disdicevole.
 Stanchi? Adesso sta per iniziare il tratto dei tornanti, infatti serpeggeremo in un’infinità di curve verso il fondovalle per attraversare il fiume Biferno, ancora lui, sul ponte Morgia Schiavone che ho diligentemente appuntato, in quanto miracolosamente scampato a questo inverno d’impronta balcanica. Dopo Petrella Trifernina, la strada diventa stranamente rettilinea ma non distraetevi perché al piccolo bivio dopo qualche km bisogna deviare sulla sx per la chiesa abbaziale di S. Maria della Strada, severa ed isolata su di una piccola altura ed ultima sosta della giornata. Risalente all’XII secolo è giunta ai nostri giorni senza subire rovine o alterazioni con la sua possente torre campanaria, tutta a masselli di pietra. E adesso cosa c’è di meglio di una strada dissestata se non la difficoltà di trovare la suddetta? Arrivati a Matrice la strada da seguire è nascosta  alle vostre spalle se uscite sulla principale avete sbagliato, tornate indietro  noterete il cartello per S. Giovanni in Gualdo: consolatevi perché rispetto alle informazioni riportate sulla carta del TCI che la indicano come sterrata, è stata recentemente asfaltata. L’arrivo a Jelsi avverrà su buon asfalto, finalmente, entrando dalla parte più antica di questo grosso paese per poi percorrere una larga strada in salita. La festa di s. Anna vi si svolge il 26 di Luglio  e parlando con alcuni jelsesi ho potuto capire che oltre ad esserne particolarmente fieri, l’evento di questo anno, in cui  ricorre il bicentenario è particolarmente sentito. La caratteristica di questa tradizione popolare è la consapevolezza da parte dei suoi abitanti di essere nello stesso tempo autori, attori e registi di questa importante rappresentazione di vita e cultura. Ogni gruppo, famiglia, contrada che vuole sfilare con il suo carico di grano si impegna nella sua realizzazione curandone l’addobbo. In fondo all’articolo trovate tutte le date per poter partecipare alle varie manifestazioni popolari. Buon divertimento, sperando che abbiano dato una sistemate alle strade.
per saperne di più:

INFORMAZIONI SULLE CARRESI
Profondamente radicata nella popolazione, la Carrese ha origini antichissime, collegata alle feste di primavera, celebrate in varie forme tra marzo-aprile-maggio-giugno: “la trasformazione della natura procurava stupore e sgomento, specialmente l’inverno che causava la morte della natura stessa. Da qui la necessità di una celebrazione per resuscitarla (feste di maggio-giugno) o l’opportunità di altri riti (marzo-aprile) per sollecitare le forze cosmiche a ritrovare il loro vigore” (Cavallaro).
Chieuti
Il 22-23 aprile, in occasione dei festeggiamenti in onore di S. Giorgio, si corre la Corsa dei buoi. Durante la corsa un carro molto pesante, carico di rami di lauro, viene trainato da quattro coppie di buoi. I preparativi per la corsa sono lunghissimi: durante l'anno si allenano i buoi, mentre il 21 sera gli animali vengono fatti entrare in paese simulando la gara. I buoi vengono poi portati nelle stalle dei Partiti (le contrade del carro), dove vengono attentamente sorvegliati per evitare che subiscano scherzi da parte degli avversari. Il mattino del 22 i buoi vengono invece lavati e addobbati e, dopo che il Sindaco ha estratto l'ordine di partenza, carri e carrieri si dirigono verso la chiesa per ricevere la benedizione. A questo punto ci si dirige in aperta campagna, da dove ha inizio la gara: al segnale convenuto i carri si girano su sé stessi ed i buoi iniziano a galoppare, trascinando il carro addobbato,  verso il paese.  Il percorso è lungo 4 Km e mezzo. La folla corre insieme ai carri, incitando i propri campioni, mentre un gruppo di uomini a cavallo pungola i buoi con lunghi bastoni. La corsa ha fine nel viale principale, dove i carri scorrono incolonnati.
 Lo scopo della corsa è quello di consegnare un cappellino colorato che i vincitori indosseranno il giorno seguente quando porteranno in processione il simulacro del Santo. Ai vincitori viene inoltre  consegnato il Tarallo, una treccia di caciocavallo di circa 80 chili con le gesta di S. Giorgio che verrà portata in processione insieme al simulacro del Santo. E' evidente che la corsa rappresenti una forte fonte di stress per buoi e cavalli, incitati da una folla urlante.
Portocannone
La corsa dei carri, si svolge ogni anno il lunedì seguente la Pentecoste. E' una gara, su un percorso di tre chilometri, fra due carri rappresentanti le due fazioni del paese, che si contendono l'onore di portare in processione la Madonna di Costantinopoli. Per motivi di interesse turistico la corsa viene ripetuta nel mese di agosto. È una competizione che vede in campo due carri (talora anche tre) trainati da buoi: quello dei giovani (colore bianco-celeste), quello dei giovanotti (colore giallo-rosso) e talvolta quello dello Skanderbeg (colore nero-verde). I carri con i rispettivi cavalieri si portano a circa 3 km. dall’abitato e si dispongono secondo l’ordine di arrivo dell’anno precedente. Su ogni carro prendono posto tre conducenti; un cavaliere si pone davanti ai buoi con il compito di guidare il carro, altri accompagnano incitando i buoi con lunghe aste di legno. L’arrivo è fissato sul sagrato della chiesa. Al carro vincitore tocca l’onore di portare in processione, il giorno successivo, la statua della Madonna di Costantinopoli alla cui festa è collegata la Carrese. La peculiarità è qui rappresentata dal fatto che ogni carro è trainato da quattro buoi.
San Martino in Pensilis
Di grande rilievo, sul piano storico-culturale, la corsa dei carri in onore del patrono San Leo che si effettua annualmente il 30 aprile, e vede contrapposte due fazioni. Accanto ai due carri scendono in campo cavalieri che stimolano, con pungoli, la corsa dei buoi. Per motivi turistici la corsa viene ripetuta nel mese di agosto. Come presso altri comuni della fascia costiera molisana e pugliese, la Carrese ha come protagonisti i cavalieri, i buoi, i carri e due (talvolta tre) partiti contrassegnati dai rispettivi colori: il bianco-celeste per i Giovani, il giallo-rosso per i Giovanotti e, quando presente, il bianco-verde per la Cittadella. Nel pomeriggio del giorno 29 c’è la “misura”: vengono cioè segnate le posizioni di partenza dei carri; la serata dello stesso giorno è dedicata allo “sparo”; gli aderenti ai rispettivi carri, a turno, escono dalle loro sedi e con fuochi pirotecnici esplosi a mano, si portano davanti alla chiesa dove viene intonata La Carrese (vedi box curiosità). La corsa si svolge su un percorso di 9 Km e prende avvio dal tratturo; il primo posto viene lasciato al carro vincitore nell’anno precedente. A metà percorso avviene il cambio dei buoi, caratteristica unica nelle manifestazioni di questo genere. La gara termina davanti alla chiesa. Il carro vincitore ha l'onore di trasportare in processione il busto di S. Leo il successivo due maggio.
Ururi
La corsa dei carri in onore del Legno della Croce, si svolge il 3 maggio di ogni anno. Diversamente da quanto avviene negli altri comuni di origine albanese, la corsa prevede la partecipazione di quattro carri e modalità particolari durante il percorso. Anche qui la corsa si ripete nel mese di Agosto. La carrese è collegata alla celebrazione religiosa del Legno della Croce. La manifestazione prende inizio nel pomeriggio del 2 maggio, quando avviene la benedizione dei carri e dei buoi. Il giorno successivo nella mattinata, si svolge una corsa di carretti trainati da vitelli e che vede come protagonisti i ragazzi; successivamente si ripete la benedizione dei carri grandi. Anche qui, come altrove, essi sono contrassegnati dai rispettivi colori e sono accompagnati dai cavalieri. La corsa prende inizio a circa 4 Km dal paese, avendo come traguardo lo spazio antistante la chiesa di S. Maria delle Grazie. All’entrata del paese il percorso si divide per ricongiungersi in prossimità dell’arrivo. La regola obbliga il carro che arriva per primo alla biforcazione a seguire il percorso finale più lungo. Il successivo 4 maggio il carro vincente porta in processione la reliquia del Legno della Croce.    
CURIOSITA’
Ad alcune di queste celebrazioni, che esaltano il risorgere della natura produttiva in primavera e il raccolto, sono legati dei canti popolari, le carresi, (o laudate) intonati in momenti precisi delle manifestazioni. Due sono le carresi pervenute fino ad oggi: quella di S. Martino in Pensilis e quella di Larino. A S. Martino in Pensilis la carrese, in onore di S. Leo, viene intonata in tre momenti diversi della festa del Santo: la sera del 29 aprile, davanti alla porta chiusa della chiesa di Santa Maria, intonata dai rappresentanti dei carri accompagnati dalla chitarra, mentre in concomitanza si accendono potenti fuochi artificiali nella vicina piazzetta; il primo maggio, dopo la corsa dei carri, dagli amici e sostenitori del carro vincitore il giorno precedente, mentre quest’ultimo percorre le strade del paese; il 2 maggio, giorno della festa di S. Leo, prima della solenne processione, come ringraziamento al Santo.
La carrese di S. Martino è un canto monodico; la sua esecuzione è affidata a coppie di cantanti, di cui il primo esegue a solo il primo distico e il secondo entra sulla conclusione del primo, intonando, sempre a solo, il secondo distico, e così via.

Testo della carrese di S. Martino in Pensilis
Me vuoglie fa la Croce, Patr’e Figlie,
Percuò che lamia ménte nen ze sbaglie.
A Ppremmavére ce rennov’u munne,
De sciure ce revèste la cambagne;
L’àrbere ce recrop’’a stéssa fronne,
L’avecièlle tra lor gran fèsta fanne!
Cchiès’adorat’ e scala triumbante
D’avolie sonne fatte li tò mure;
Nguésta Cchièse ce stà ‘nu Corpe Sante
E pe nnome ce chiame Sante Lione!
Anne, Madonna mi’ de lu Saccione,
E Sande Léie de Sande Martine,
E Sant’Adame ch’è lu compagnone
E sande Vàsel’ accant’ a la Marine!
Me vuoglie fa’ ‘na vèsta pellegrine
E vuoglie ì addo’ sponte lu sole;
A llà ce staie ‘na conca marine
Addò ce battezzaie nostro Segnore,
E la Madonne lu tenéve nzine
E San Geuanne che lu battezzave!
E nu’ laudam’ a tté, Matra Mariie
Tu sol’ a pù pertà ‘a palm’ a mmane;
E nuie Lu pregame tutte quante
Ddì ce ne scambe da tembèst e llampe;
E nuie Lu pregame ndenucchiune
Scàmbece da tembèste e terramute;
E nuie Lu pregame e nzéme dégne
Purta’ la palm e la ndurata nzégne!
A ndò ce v’ a scarcà lui vérde làure?
 A Ssante Piètre le Cchièse de Rome!
Nu’ veléme laudà quistu gran Sante
Fa menì ‘n zalvamènt’ a tutte quante!
Tòcca, carrier’ e ttòcche’ssu temone
Tocca lu carre de Sande Lione!