28 luglio 2012

LAST FRONTIER


Ultima frontiera, così gli abitanti dell’Alaska, con malcelato orgoglio, soprannominano questa terra, prima degli Stati Uniti per estensione, ma solo 48° per popolazione. In nessuno altro stato è ancora così vivo il mito che la frontiera ha rappresentato per un popolo che discende da pionieri e cercatori d’oro.


ITINERARIO -Fairbanks, circolo polare artico, Fairbanks, Denali National Park, Anchorage, Seward, Homer, Seward, Kenai National Park, Whittier, Valdez (traghetto), Tok.
REGIONI INTERESSATE- Alaska


Arrivo a Fairbanks, ed un termometro per strada indica 32°. Però, direte voi, niente male! Peccato solo che siano gradi farenheit, corrispondenti a 0° celsius. Incrocio per l’ennesima volta Paul e Jerry (lo so, sembrano gli eroi dei cartoni animati, ma si chiamano proprio così). Quest’ultimo mi affianca con la sua moto e mi ordina in tono perentorio: ”domani tu vieni con noi al circolo polare”.
“ solo se il tempo sarà discreto!” rispondo io. Lui sembra ragionevolmente convinto dalla mia risposta e prosegue verso il campeggio.
Risultato del giorno dopo: 800km., di cui 700 di pista, con un tempo freddissimo ma secco, con pioggia solo negli ultimi 150 km., sulla via del ritorno.
La pista dell’oleodotto, la Dalton highway, soprattutto col bel tempo, non è niente male. Scenari mozzafiato, e questa caratteristica di percorrere centinaia di chilometri, nella più assoluta solitudine.
D’altronde la storia dell’Alaska è caratterizzata sempre ed esclusivamente da interessi economici, che hanno attratto ora i russi ora gli americani verso territori altrimenti destinati ad essere popolati da poche decine di migliaia di nativi. Basti pensare che nel 1867 la Russia, dopo aver quasi completamente annientato le tribù indiane degli Aleuti, dei Tlingit (purtroppo siamo alle solite!), ed aver sfruttato l’industria delle pellicce, ritenendo esaurita ogni forma di possibile guadagno, cedette agli Stati Uniti, e non senza polemiche tra gli stessi americani, l’intero territorio che andava dallo stretto di Bering fino allo Yukon per la somma di 7.2 milioni di dollari, alla fantasmagorica cifra di circa 10 cents per chilometro quadrato!! Solo in seguito, questa terra sconfinata manifestò sfacciatamente le sue immense ricchezze: prima le balene, poi gli immensi branchi di salmoni, poi ancora l’oro, per arrivare infine ai giacimenti di petrolio e di gas naturali.
La Dalton highway fu costruita per rendere possibili le comunicazioni con Prudhoe Bay, punto di partenza dell’oleodotto che, dopo una corsa di 789 miglia va a terminare nella baia di Valdez.
I 2 vecchietti (60 anni scarsi, ma portati decisamente bene), che mi hanno anche offerto il loro spazio tenda per sistemare la mia (gratis naturalmente!), non sono niente male, come piloti intendo. Li incrocio 3 o 4 volte su questa pista fangosa, e vanno come delle schegge, sarà il freddo o la paura degli orsi?
Il tempo, come al solito peggiora, e mi vedo costretto ad attendere 1 giorno e mezzo, perché con queste condizioni, sarebbe impossibile visitare il Denali national park. Fra l’altro uno dei giapponesi (ce ne sono talmente tanti con le loro motociclettine di piccola cubatura 4 tempi, che mi è venuto il dubbio che, dopo aver fallito nella seconda guerra mondiale, stiano tentando ora, l’invasione dell’Alaska), mi ha informato, che tutti i campeggi nel parco sono prenotati fino al 10 settembre e siamo alla fine di agosto!
Vabbè, aspettiamo, sperando in un miracolo e…........il giorno dopo, sole per tutto il tragitto, con vista sul Mc Kinley, il monte più alto del nord America, e sistemazione nel campeggio nei pressi del visitor center, gratis, per 2 giorni. No, non mi chiedete come, è meglio. Il parco è straordinario! Se la gioca alla pari, col Torre del Paine, in Cile. Colori meravigliosi, e questo gioiello del Mc Kinley, difficilissima montagna di oltre 6000 metri, campo di esercitazione delle spedizioni antartiche. 
Animali? In un giorno avrò visto almeno 15 grizzly, per non parlare di alci, caribou, cervi.
L’intero parco, che ha un perimetro di circa 1000 km., è attraversato da una sola strada, 150 km. più o meno, chiusa al traffico. Unica possibilità, a meno che non abbiate una bicicletta o siate dei fotografi professionisti (ma anche così, la richiesta va inoltrata con almeno un anno di anticipo), è quella di partecipare ad una delle innumerevoli escursioni in piccoli autobus guidati da rangers. La più lunga, fino al Wonder Lake, offre la possibilità di avere la vista migliore del Mc Kinley: fra soste, foto al paesaggio, avvistamenti di animali, bisogni fisiologici, sono 12 ore di pulmino, un’intera giornata, una bella rottura!!!
L’altro super parco, di quelli raggiungibili via terra intendo, è quello del Kenai, incantevole penisola a sud della capitale Anchorage. Famoso per i suoi ghiacciai, la mia Lonely Planet consigliava la visita al più famoso Exit Glacier ma, senza l’escursione in battello ai fiordi che arrivano fino ad affacciarsi alle propaggini della imponente Harding Hicefield ( ben 2375 kmq), mancherà qualcosa. Considerare sempre il tempo; se già a Seward è brutto, probabilmente una volta in mare aperto, lo sarà ancora di più, con l’aggravante del vento, che potrebbe impedire, o peggio ancora interrompere a metà, l’escursione.
Meglio aspettare un giorno, anche 2 come ho fatto io, anche perché il trasferimento lungo la costa è altrettanto spettacolare con la possibilità di avvistamento di orche, foche, lontre marine, e trichechi. Ma tutta la penisola è di una bellezza stupefacente. Basti pensare che i 2 centri più importanti, Seward e Homer, si affacciano su delle baie dominate da diversi ghiacciai, spettacolo assicurato al tramonto ed all’alba.
Una volta visitata la Kenai peninsula, si prospettano 2 possibilità, o meglio 2 e mezzo: o arrivare a Valdez via terra, percorrendo però 750 km., di un percorso già noto, o prendere i traghetti da Seward  o da Whittier. I 2 traghetti percorrono praticamente lo stesso itinerario, ma è il prima che fa la differenza: gli ultimi 20 km prima di Whittier sono assolutamente una chicca da non perdere. La strada è incastonata tra 4 o 5 ghiacciai, prima di infilarsi in un tunnel di qualche km, che viene anche utilizzato dai treni, un vero e proprio budello, che a orari prestabiliti vede transitare locomotive o veicoli.
Di Valdez, c’è poco da dire. Tristemente famosa per il disastro della Exxon Valdez, che nel 1989 urtò un banco di scogli, riversando nel Prince William Sound 11000000 di galloni di greggio, inquinando 1560 miglia di costa.
Un disastro ecologico che scatenò a suo tempo, una ridda di polemiche, che ancora si trascinano tra proposte di legge per la salvaguardia dell’ambiente e opposizione da parte di chi vede nello sfruttamento di queste risorse, un ulteriore fonte di arricchimento.