04 settembre 2012

RITORNO





Tanto per cambiare il confine che avevamo individuato per il passaggio in Kazakistan, quello più vicino alla Cina è chiuso, cosa che ci fa optare per la rinuncia alla visita del lago Issyk kul, dovremmo aggiungere almeno 1000km facendo per giunta 2 volte la stessa strada! Davvero non ne vale la pena, siamo tutti d’accordo, contando che pensiamo anche di visitare Almaty che, da dove siamo, possiamo raggiungere in mezza giornata.
Così, la mattina seguente passiamo a salutare i nostri nuovi amici di Bishkek e ci dirigiamo verso la frontiera, disbrigo delle pratiche doganali e nel primo pomeriggio siamo nella metropoli kazaka, un gioco da ragazzi.
 

E’ la quarta volta che rientro dal centro Asia, 2 volte in solitaria, le altre accompagnando persone: una sensazione strana, affascinante, stimolante che ogni volta alla fine mi lascia sensazioni che cristallizzano piacevolmente nei miei ricordi! Questo è un luogo unico, decisamente! Il Kazakistan è lungo, largo, se la carta geografica avesse una terza dimensione, sarebbe anche profondo. Nel 2010 macchine gigantesche avevano iniziato l’impresa di asfaltizzazione della sua parte più occidentale, quella più desolata ed inospitale. Cerco di far capire ai miei compagni di viaggio che però le difficoltà probabilmente ci saranno e non identificabili in alcune giornate ma solo quando ci troveremo ad imprecare su strade che definire dissestate è un banale eufenismo!!
Le sterminate steppe kazake, infiniti pascoli per i cavalli delle invincibili armate mongole, Aralsk, con le sue barche ormeggiate nel deserto, Uralsk, città di confine tra 2 continenti, ci attendono: si comincia!!
Da Almaty, un solo punto cardinale caratterizzerà il percorso dei prossimi giorni, delle prossime settimane, con il navigatore puntato in direzione ovest, migliaia di km per attraversare mezza Asia e poi mezza Europa.
Taraz, Shymkent, ma già qui mi accorgo che c’è qualcosa che non va: i lavori diventano sempre più frequenti con queste deviazioni spacca schiena su sterratacci durissimi e sconnessi. Arriviamo alle 19 con la meta ipotizzata, Qyzylorda, ancora a130km.
Il villaggio prima, Ettore mi ha affiancato, chiedendomi se quello era il posto di fine tappa!! E’ stanco, me ne sono già accorto osservando come evita le buche per strada; è stanco anche Pierandrea, ma lui sfoga il suo stato fisico con un nervosismo a volte esasperato! Già questo basterebbe a farmi decidere la fine della tappa anticipatamente, aggiungiamo che alle medie della giornata, ne abbiamo ancora per almeno 2 ore, dobbiamo entrare in una città di medie dimensioni, perdere tempo per trovare una sistemazione, arrivare a notte, viaggiando su strade piene di animali, un traffico consistente di camion e con il sole in faccia.
Fra l’altro sono davanti ad un motel utilizzato 2 anni prima, una specie di caravanserraglio del terzo millennio, con camere, garage, officina e bar, appena terminato nel 2010 ma che a distanza di appena 2 anni sembra già in condizioni di abbandono. Decido io e naturalmente Pierandrea non è d’accordo, pazienza!! Cena frugale, a letto presto e la mattina alle 9 siamo ancora in ballo! Sarà la tappa kazaka più impegnativa!!! Un infinito cantiere stradale, centinaia di chilometri, in alcuni tratti la strada è terminata, su un terrapieno altissimo, un asfalto perfetto, ma precluso ai veicoli!! Temperatura 48°! La strada è pessima, ma si riesce a viaggiare quasi sempre a 50-60 km all’ora, accettabile direi!!
Qui comunque fra qualche anno sarà tutto asfaltato, una lunga striscia nera che sfiderà l’orizzonte accorciando le distanze!! Ci penso ed immediatamente ripenso all’attraversamento nel 2006, alle 15 ore per arrivare ad Aktobe, alle enormi buche, le difficoltà, alla sabbia, al caldo opprimente ed un po’ di nostalgia, inspiegabile, mi assale!!

Aralsk, Aral in kazako, Aral'sk in russo, alla fine di una lunga, nervosa giornata appare in lontananza. Come l’omonima Moynaq, dal lato Uzbeko, era un florido porto di quello che fu il lago d’Aral, e con essa condivide la triste storia che negli ultimi decenni l’ha portata a perdere migliaia di abitanti trasformandola di fatto, in una quasi città fantasma!!!! A causa del progressivo ritiro delle acque, Aralsk è rimasta completamente circondata dalla terra e dista circa 25 km dalla linea della costa. Sono 25 anni che il lago non si può vedere dalla città. Quì però la situazione è leggermente diversa, anche per le maggiori disponibilità economiche del Kazakistan: infatti la costruzione della diga Kokaral ed i successivi lavori in corso d’opera per una altro sbarramento, hanno invertito il processo di ritiro delle acque che ora si stanno riavvicinando alla costa originaria.  Le autorità sperano, nei prossimi anni, di poter riportare in funzione l'industria della pesca nella città. Il miracolo si sta avverando: se avete tempo e voglia, leggete una cosa che scrissi su Moynaq, alla mia prima esperienza nel 2006:


Entriamo nella città con le luci del giorno che lentamente si allungano tra le case basse, arriviamo dove sono arenate le barche e mentre i miei compagni curiosano in giro scattando foto, vado alla ricerca della famiglia che mi aveva ospitato 2 anni prima. Non ci sono più, fuggiti anche loro dal disastro ambientale del “deserto” di Aral!!! Ripiego sull’unico albergo in paese, camera tripla e parcheggio nel cortile di una casa di fianco. L’uomo a petto nudo che ci accoglie è piccolo, nerboruto, un fascio di muscoli, un grosso neo sulla spalla sinistra, mi fa il gesto di vittoria, ma non deve andare al bagno, la faccia, non capisco perché è minacciosa. Continuo a scaricare la moto. Ancora il gesto, modi se possibile, ancora più bruschi, vuole 200 tenge, sempre a gesti, a moto!!
“eh sì!!”
gli rispondo in italiano, lui comincia ad urlare e mi si avvicina tira fuori dalla tasca 200 tenge e con l’altra mano apre 3 dita.
“figurati!” continuo in italiano. Pierandrea ed Ettore mi guardano stupefatti e un po’ intimoriti da questo aggressivo parcheggiatore, gli faccio cenno di andare.
Rimaniamo soli nello spiazzo polveroso, solo qualche istante, dalla casa esce il suo alter ego, vestito e con una coppola bianca che si siede sulle scale ed inizia a prepararsi una sigaretta. La trattativa ha inizio: 4 dita, le mie, lui diventa se possibile ancora più furioso ed aggressivamente mi si avvicina a distanze che poco lasciano all’interpretazione, mi arriva alla spalla. Apro il portafoglio non ho tagli piccoli e tiro fuori 500tenge, lui continua ad imprecare, siamo in posizione di stallo. Gli infilo la mano nella tasca e tiro fuori i suoi 200tenge e gli do la banconota: il mio prezzo è 300. L’alter ego osserva silenzioso, lui diventa una belva.
Con la 200 nella mano sinistra, digrigno i denti, chiudo la destra a pugno e gli sferro un colpo che, arrivato al bersaglio si trasforma in una carezza, un buffetto sulla guancia che gli fa girare amichevolmente la testa.
Lo guardo con la banconota in mano, lui mi osserva, l’alter ego fuma, qualche secondo, poi questo parcheggiatore desertico mi esplode un sorriso senza denti. Lo colpisco ancora una volta nella stessa maniera, altra risata contagiosa, esplosiva, mi giro ed anche l’altro, suo fratello maggiore, suo padre, chissà, ride divertito.
Gli riconsegno i 200 tenge e gli faccio capire che mi deve dare 100tenge, lui con le lacrime agli occhi mi fa capire che sono evidentemente un folle!! Ho avuto il mio sconto, la trattativa fra risate, è terminata!!
La mattina dopo, presto, dopo aver fotografato con una luce stupenda le barche, sono nel cortile a caricare la moto. L’amico esce, vestito con una bella camicia, ci salutiamo, poi gli indico che mi deve ancora 100tenge, rapidamente delega la moglie per l’apertura del cancello ed il commiato da queste presenze scomode, saluta e scompare!!! 
La tappa, la terribile Aralsk-Aktobe 600 e dispari chilometri, quella delle 15 ore, verrà divorata su un asfalto perfetto, con soli 30km di sterrato. Il progresso avanza!! Il giorno dopo, Uralsk, il punto di confine tra 2 continenti, sancisce ufficialmente la fine del viaggio, anche se la strada da percorrere è ancora tanta. I chilometri aumentano, nonostante il tempo dedicato al viaggio sia sempre lo stesso, le condizioni delle strade permettono medie più alte, le soste sono meno frequenti, le macchine fotografiche rimangono costantemente nelle borse da serbatoio, è sempre la stessa storia!!

L’attraversamento della Russia si risolve in 2 giorni: Samara-Tambov, poi da Tambov a Zheleznogorsk.
“Il lupo di Tambov è tuo compagno”
La sera Dino mi invia un messaggio sul cellulare, incuriosito, approfitto della connessione internet per scoprire che questa è la frase che dicono i russi ad una persona, quando sono stanchi di esserle amici. 
Naturalmente non sto quì a riferirvi l'immediato ed offensivo messaggio di risposta ad una delle persone più creative che io conosca!!! Continuo la lettura e scopro che la zona di Tambov è leggendaria per la presenza dei lupi, che una volta popolavano la zona. Ormai sono quasi scomparsi, se ne contano solo 50 esemplari, ma in compenso tutta l’area è caratterizzata da una tipica atmosfera russa. Tambov è un capoluogo russo di provincia. Il ritmo di vita dei quasi 300.000 abitanti della città è più calmo e più equilibrato che nei grandi centri urbani. Leggo, sempre in rete, che qui ci si conosce e ci si saluta per strada ed è facile fare amicizia. Rifletto sulla estrema cortesia con cui ci hanno fornito informazioni e poi accompagnato in albergo. Il viaggio di rientro, trasformatosi ormai in un vero e proprio trasferimento continua.

Una sosta a Kiev, poi 2 mega tapponi per arrivare a Trieste, altra splendida città di confine a cui sono sinceramente affezionato e legato. Gli amici mi aspettano.
10240km percorsi, siamo a casa, è finita, arrivederci Pamir!!