03 luglio 2012

HOGS

Maiali, così vengono definiti le centinaia di migliaia di bykers, che ogni anno si riuniscono a Sturgis, South Dakota, per dare vita ad uno degli appuntamenti più kitch, che il calendario motociclistico, statunitense e non, possa annoverare fra le sue date.
ITINERARIO- Sturgis, Black Hills National Forest, Custer State Park, Badlands National Park, Pine Ridge Indian Reservation,  Devils Tower State Park, Sturgis.
REGIONI INTERESATE- South Dakota, Wyoming
La strada corre diritta sia davanti che indietro, trapassandomi come una freccia. Il South Dakota, come tutte le praterie del nord, è un posto assolutamente privo di curve, e non mi riferisco solo alla strada, ma anche alla terra, al volo degli uccelli, alla mentalità delle persone.
Potrei dire che ogni cosa è ad angolo retto: i campi coltivati, le geometrie degli steccati, anche i caratteri somatici delle persone che le popolano. Che stia diventando paranoico?
Arrivando da est, dopo circa 7000 km. percorsi, tutta questa strada mi stordisce inebriandomi allo stesso tempo: una vastità senza misura!
All’inizio i dubbi mi avevano assalito: I 90 (ma le autostrade sono per chi ha fretta) oppure qualche strada secondaria?
Avevo optato per la seconda ipotesi, ma dopo aver attraversato il Mississipi, arrivato a Rochester, mi ero immediatamente reso conto che era preferibile accettare i consigli di tutti quelli che avevo incontrato.
Strada, quanta strada!!!
La meta è Sturgiss, che in Agosto è senza dubbio uno degli appuntamenti più importanti nel panorama motociclistico nazionale statunitense.
Questo è comunque un evento al quale si può partecipare anche partendo da un punto fisso dove si farà ritorno ogni giorno, senza doversi sparare un’overdose di km., in un estenuante, (ed eventualmente inutile in caso di tempi a disposizione piuttosto ristretti) cavalcata dalla costa est. Infatti, trovare una moto qui, ad Agosto, non rappresenta assolutamente un problema.
Controindicazioni? Calcolare le difficoltà inevitabili per trovare una sistemazione in un luogo che ogni anno viene assalito da circa un milione di animali tatuati con circa 600000 moto al seguito, perlomeno queste sono state le stime ufficiose dell’ultima edizione (penultima per l’esattezza, ero lì nel 2000).
Quindi, la possibilità di trovare un qualsiasi tipo di sistemazione, dai campeggi ai motel, dagli alberghi alle case che mettono a disposizione lo spazio giardino (a Sturgis ne ho visti alcuni a prezzi da Ritz) o semplici camere, sarà direttamente proporzionale all’avvicinarsi al buco nero della manifestazione.
Va da se, che anche i prezzi risentiranno di tutto ciò. Ai $ 35 per un posto tenda in città (ma era inclusa la prima colazione!!!!), ci sono tanti piccoli centri, soprattutto nelle Back Hills, ugualmente interessanti per quanto riguarda l’evento motociclistico, e che permetteranno di risparmiare qualche dollaro.
Lo spettacolo, soprattutto per un non americano, è assicurato, complice anche la bellezza dei posti visitabili con delle gite fuori porta, di appena una giornata. E quante moto, tante da poter fare indigestione di cromature e colori, serigrafie, scarichi luccicanti per almeno un paio di mesi!!!
Dovunque vi allontanerete, nel raggio anche di più di 150 miglia dall’epicentro della manifestazione, il risultato sarà sempre lo stesso: moto, moto, ed ancora moto.
Per quanto riguarda i“ maiali” in canottiera, bandana e tatuaggi, il primo pensiero sarà sicuramente: ”minchia questi sì, che sono veri” 
Ma non fatevi intimorire dall’aspetto di quelli che poi sono i padroni di casa certamente, ma che non hanno sicuramente più niente a che fare col mucchio selvaggio, o con i film di Marlon Brando, protagonista nel film “il selvaggio”, od al mitico Easy rider, con Peter Fonda, Dennis Hopper e Jack Nicolson.
L’ottanta per cento di loro (non è una stima ufficiale, ma credo di avvicinarmi abbastanza alla realtà) giungono in Sud Dakota a bordo di mega super accessoriati motor home con carrello al seguito, sul quale sono adagiate, al riparo dalle intemperie, e soprattutto dei guasti (cosa pare assai ricorrente nelle Harley, anche per stessa ammissione dei proprietari) le loro sfavillanti cavalcature.
Continuo le mie elucubrazioni mentre la strada continua scorrere sotto le ruote.
Ripenso alle parole lette in un libro letto qualche anno fa che parlava di un viaggio nelle praterie del nord: ”Se avessi sparato un colpo di fucile davanti a me, avrei sicuramente trovato la pallottola un miglio più in là, proprio in mezzo all’asfalto”
Potrebbe essere vero? Mah, non so, forse sì.
Almeno, una volta entrati in South Dakota, seguendo l’autostrada ci si potrà divertire ad osservare i cartelloni pubblicitari, presenti in numero eccessivo, ma con forme, colori che spesso catturano l’attenzione per la loro originalità.
Sempre seguendo consigli di occasionali conoscenze fatte per strada, abbandono l’I 90 all’altezza di Murdo per la 83 direzione sud, e poi prendo a dx sulla 44.
I tabelloni pubblicitari scompaiono, cambiano le dimensioni delle strade ed anche i numeri che compaiono sui cartelli, ma niente di più.
La piattezza dell’orizzonte all’improvviso si spacca. L’occhio non è pronto ad un cambiamento così improvviso dopo centinaia di km.
Le Badlands, “mako sica” nel linguaggio dei nativi americani che per primi le popolarono, si stagliano all’orizzonte interrompendo questa piatta, costante, continuità.
Il termine sta a significare terre cattive, fedelmente tradotto dai colonizzatori che le attraversarono nell’800.
Anche i cacciatori franco canadesi non ebbero definizioni molto più entusiastiche nei suoi confronti, chiamandole les mauvaises terres a traverser (le terre difficili da attraversare).
Ma ormai dopo più di un secolo le cose sono molto cambiate, le difficoltà sono ormai un semplice ricordo del passato, e arrivo intenzionato a passare la notte nei pressi del parco per godermi appieno le prime luci del mattino su questo paesaggio lunare. Ho la fortuna di essere in anticipo rispetto all’inizio del Rally, (il raduno viene chiamato così dai locali) quindi nessun particolare problema per la sistemazione. Ma, come al solito intervengono le mie tasche (perennemente in crisi di contanti), ed una volta constatato che anche per piazzare solo una tenda, non me la caverò con meno di 14 $, decido di fermarmi per socializzare e spararmi un paio di birre, in uno stand allestito appositamente per i bykers.
Premetto che siamo ad Interior, quasi 200 km., per la via più breve, da Sturgis.
Alla 3° birra (vabbè, appena una in più di quanto avevo programmato), tutti gli astanti, 3 o 4 tipici cow-boys, sono a conoscenza del mio problemino.
Mike, meccanico del piccolo villaggio, trasformatosi per un paio di settimane, come ogni anno d’altronde, in un barman un po’ particolare dato la sua spiccata capacità di trangugiare birre a ritmi da competizione, non esita ad invitarmi a piazzare la tenda nel giardino retrostante: ” tanto i miei genitori non dicono niente!”
Questa è una caratteristica che mi aveva già colpito in altre occasioni: l’estrema, elastica mentalità dell’americano, confermata anche dal fatto che nel periodo del Rally (viste le dimensioni e l’importanza della manifestazione la maiuscola ci può anche stare), praticamente tutti gli abitanti della regione, per almeno un paio di settimane, stravolgono le loro abitudini, ed anche i loro interessi.
Non sarà difficile trovare una parrucchiera che cucina hamburger, o un meccanico che vende birre (vero Mike?), o addirittura uno stimato professionista che s’improvvisa gestore di campeggi abusivi nei giardini della propria casa.
Comunque accetto, manco a dirlo, assai volentieri, e termino la serata, montando la tenda, assalito, sì letteralmente assalito da Rick, Helly e Macy, nipotini di Mike, che mi tempestano di domande (Helly, la più grande, circa 6 o 7 anni, addirittura mi consiglia di migliorare la mia grammatica), mi saltano addosso, mi entrano nella tenda (no fermi, questo no!), e si fanno portare a cavalluccio a turno dal sottoscritto. Sto soccombendo, ma intervengono in mio aiuto i genitori di queste pesti. Avete mai pensato a quanta energia hanno i bambini?
Il parco, complice anche una splendida luce mattutina, con le sue caratteristiche guglie rocciose, erose dalle intemperie, i pinnacoli ed i canyon che si stagliano a perdita d’occhio, neanche a dirlo è meritevole di visita.
C’è una sola strada, la 240, che lo percorre, in quella che è sicuramente la sua parte più attrezzata, ma una volta arrivato nei pressi dell’uscita nord prendo a sx per l’unico sterrato che si vede per spingermi ancora più a sud, fino a Scenic, uno dei posti più di frontiera mai visti in vita mia, prima di entrare nella riserva indiana di Pine Ridge, mia prossima meta.
Lo sterrato (circa 23 miglia) è facilissimo, ho incrociato persino un Gold Wing con passeggero, quindi nessun problema.
Ed è proprio qui, a Scenic, S.D., che mi imbatto in un gruppo di ragazzi del New Hamphshire.
Sinceramente sono un po’ in difficoltà perchè, quando parlano fra di loro, ho praticamente le stesse chances di capire un cinese incazzato per le vie di Pechino ma, mi assicurano, nel sud del paese, le cose peggioreranno e di molto.
Loro sono piazzati nelle Black Hills, io ci arriverò solo tra qualche giorno, comunque mi offrono una parte della loro area campeggio (anche loro naturalmente sono in camper con tanto di carrello al seguito!!!!), tanto per confermare la naturale e spontanea ospitalità che mi ha accompagnato fino ad ora.
Risultato: 3 giorni stupendi, trascorsi scorazzando in lungo ed in largo per le Black Hills, molestando le ragazze del Camel tent (Heather su tutte, ed anche di diverse lunghezze), o passando la notte nel moose salloon di Hill City, dove tutto è permesso dopo una certa ora ed un certo numero (tante a dire il vero) di birre. 
Ciao, Rick, Alyse, Scott e Skibby, e grazie.
Qui le grandi praterie danno un attimo di respiro al viaggiatore con le Black Hills, che sono sicuramente la maggiore attrazione degli stati delle pianure. Il nome colline nere, che deriva dal colore scuro dei pendii, fu coniato dai Lakota Sioux, per i quali rappresentavano un luogo sacro.
Bisogna calcolare almeno una settimana per percorrere le numerose strade panoramiche, alcune delle quali veramente spettacolari, che attraversano questi 4856 kmq.
Assolutamente da non perdere la Needles scenic drive (n.87), la Peter Norberck Byway (n.16), dalla quale di tanto in tanto compaiono in lontananza (Norberck overlook e scendendo verso Keystone) le 4 teste dei presidenti del Mt Rushmore National Monument, talmente gigantesche (ben 18m!!!), da essere visibili anche a km. di distanza, ed il Wild life loop road, nel Custer State Park.
Quest’ultimo merita una piccola puntualizzazione: il parco statale, oltre che per la bellezza degli scenari, è famoso per la presenza piuttosto massiccia di mandrie di bufali che pascolano allo stato brado, completamente indisturbati.
Basta semplicemente osservarli per capire che 2 tonnellate così ben distribuite hanno assolutamente la precedenza, e non per questioni di codice stradale.
E’ bene ricordarselo.
Discorso diverso per le Devils Tower, altra gita da una giornata, poiché, sia che si percorra la I 90 che le statali al confine col Wyoming, il rettilineo diventa drammaticamente, inesorabilmente, interminabilmente protagonista.
Questo luogo è stato reso famoso dal film di Steven Spielberg “ Incontri ravvicinati del terzo tipo”, anche se già i nativi americani, che ancora lo considerano un simbolo religioso e culturale, lo avevano definito “ il cuore di tutto ciò che esiste”, e sicuramente l’imponente roccia d’origine vulcanica, alta circa 300m., vecchia di circa 60 milioni di anni, non passa certamente inosservata.
Se doveste capitare in South Dakota nel periodo del raduno, e non vedo altre possibilità, approfittatene anche per partecipare ad un Pow How, un festival indiano; c’è n’è uno abbastanza importante, arrivato quest’anno alla centesima edizione, che si svolge alla fine di luglio nella cittadina di Pine Ridge, e ad un Sundance. Io ho assistito a quello di Porcupine, ma quello più famoso, che richiama migliaia di persone (non so se sia un bene od un male), si svolge, e sempre nello stesso periodo, nel piccolo centro di Rosebud.
Il primo è paragonabile ad una nostra sagra, con danze in abiti tradizionali, rodeo, esibizioni varie.
Tutto bello, tutto molto americano, ma dietro le quinte? Arrivo nel tardo pomeriggio, ed oltre al problema di assistere al Pow How, devo affrontare, come al solito, il discorso dell’alloggio.
Gli indiani si accampano nell’area circostante lo spiazzo dove avviene la manifestazione, e dopo aver fatto un giretto chiedo il permesso di accamparmi ad una famiglia che nonostante le 3 tende ha ancora un po’ di spazio disponibile. Qualche battuta sulla pericolosità della moto parcheggiata in un luogo dove corrono e giocano diversi bambini, ma vengo comunque invitato a fermarmi per la notte. Qui il campeggio è gratuito, ma per la prima volta negli Stati Uniti, le condizioni non sono propriamente da nord America: qualche migliaia di nativi, un bianco (il sottoscritto), e, udite udite, circa una trentina di bagni (forse meno!), sparsi nell’accampamento. Naturalmente l’ospitalità è scontata, ma il problema dell’alcolismo, è assai vivo e, credo rappresenti un reale problema.
Dieci Orsi, capo comanche, davanti al consiglio degli sciamani nel 1867 diceva: ” Io nacqui dove il vento soffiava liberamente, e dove non c’era nulla a bloccare la luce del sole. Io nacqui dove non c’erano recinti, e dove ogni cosa respirava liberamente. Io voglio morire là, e non chiuso tra mura.”
Diventa difficile pensare che questi siano i discendenti di persone così fiere.
Certo, non sono tutti così, ma sicuramente la percentuale degli alcolizzati, è altissima!
Discorso diverso per il Sundance: qui gli alcolici sono vietati, ma se devo spiegare che cosa sia, mi mettete in difficoltà.
Non è una preghiera, né un’iniziazione, né una festa, e tanto meno una danza: forse è tutto ciò, ma sinceramente, alle mie domande, tutti mi hanno risposto che il Sundance è semplicemente il Sundance, bò!
Unica cosa, vi ricordate sicuramente nel film” l’uomo chiamato cavallo”, quando il protagonista Richard Harris, una volta trapassatigli i pettorali con degli artigli, viene appeso per gli stessi e fatto roteare fino allo stremo delle sue forze?
Bene, il Sundance, è anche questo, con l’eccezione che coloro che si cimentano in questa prova, non vengono appesi come dei salami, ma si limitano semplicemente a danzare intorno ad un totem, al quale sono tirati da una fune, ma non credo che la cosa sia comunque piacevole. Alla prova ho visto partecipare anche dei bianchi, quindi se decideste di mettervi alla prova, qui potrete farlo.
Una volta nella riserva di Pine Ridge, approfitto dell’occasione per visitare anche il sito del massacro di Wounded Knee, sicuramente una delle zone meno pubblicizzate degli Stati Uniti.
Qui infatti, nel 1890 (14 anni dopo la battaglia del Bigh Horn, 8 anni dopo la resa di Toro Seduto, appena 3 dalla resa di Cavallo Pazzo) l’esercito reagendo alla rinascita di una tradizione religiosa dei nativi, la Danza degli Spettri, compì la distruzione finale del popolo Sioux massacrando letteralmente 300 persone, in gran parte donne e bambini, in una delle pagine più tristi della storia americana.
Gestito direttamente dagli indiani, il luogo offre soltanto un cimitero malandato e l’edificio dei bagni, diventato da pochissimo un visitor center.
Ok, è tutto, anche perché il mio viaggio verso il grande nord deve continuare prima che l’inverno alaskiano, assai precoce a quelle latitudini mi sorprenda su qualche pista.

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